Il mondo economico industriale cambia sempre più velocemente passando attraverso brevi intervalli di equilibri sempre diversi e molto spesso in profonda contraddizione.

Gli anni 90 e 2000 hanno viste le aziende europee cercare il profitto in quei paesi definiti “a basso costo della manodopera”.

Durante la Crisi Economica Mondiale del 2008 l’attenzione si è spostata sull’internazionalizzazione intesa semplicemente come vendita a clienti esteri e considerata  l’unica possibilità di sopravvivenza nonché la cura a tutti i mali. Anche gli istituti di credito vedevano di buon occhio l’aprire i confini e l’allontanarsi dal proprio paese. “Se sei in Cina sicuramente avrai successo…” Sono nati comitati per l’internazionalizzazione, strutture costruite ad hoc in grado di aiutare le aziende a seguire la corrente sottovalutando spesso l’impatto economico della nuova direzione.

Con il passare degli anni e l’accentuarsi delle difficoltà il problema e quindi la soluzione si è rivolta alle banche ed al mancato credito nei confronti dell’industria. E’ partita quindi la ricerca di potenziali investitori, fondi d’investimento, private equity  o salvatori della patria tutti colore che in qualche modo potessero colmare il gap di profitto che i cambiamenti stavano introducendo.

A partire dal 2015 e 2016 l’economia ha cominciato a dare segnali di ripresa, le banche seppur con qualche eccezione hanno cominciato a fare nuovamente il loro mestiere ed è nato il progetto Fabbrica 4.0. Oggi se ne parla come la svolta del presente e del futuro, tutti sono esperti anche se concretamente non esistono casi “completi” di noto successo. Fabbrica intelligente, big data, automazione spinta per tutti anche per chi è distante vent’anni da uno scenario sostenibile in questa direzione proprio per la natura e per l’essenza del business.

Come abbiamo detto però il Mondo Economico è in trasformazione, vive di equilibri veloci. Rallenta così l’economia del Brasile, la Cina controlla la crescita ed un articolo del Corriere Della Sera di febbraio 2017 afferma che il costo della manodopera della più grande economia del mondo ha superato quello dell’America Latina avvicinandosi a Grecia e Portogallo. La Cina passa in pochi anni dall’El Dorado di chi vede nella riduzione dei costi l’unica arma vincente ad un esempio di eccellenza produttiva. Viene a destabilizzarsi quindi il concetto di prodotto cinese sinonimo di scarsa qualità e conseguentemente cade il luogo comune di prodotto occidentale dalle caratteristiche sublimi. Le tanto ostentate Qualità, Produttività ed Eccellenza europee sono così state copiate da chi può permettersi di assorbire quasi completamente il proprio prodotto chiudendo quello che è il cerchio perfetto dell’economia “indipendente”. La “fabbrica del mondo” si sgretola o meglio si trasforma a favore di unità più piccole e dall’effetto solo temporaneo come la Thailandia ed il Vietnam che come è noto a tutti non potranno mai avere il bacino commerciale del gigante asiatico.

A questo punto per chi produce l’Europa? Quale sarà la nuova moda/arma vincente che guiderà univocamente le scelte strategiche delle aziende? Manodopera a basso costo, internazionalizzazione, credito, Fabbrica 4.0 sono già superate? La manifattura italiana potrà quindi riaffermarsi anche in quei settori lontani dalla tecnologia estrema, dal lusso e dall’alimentare?

Purtroppo è ancora presto per poter dare una risposta univoca. Lavorando con il mondo industriale vediamo molto fermento intorno a quelle che sono o saranno le nuove frontiere decisionali.

Oggi come non mai si va consolidando in noi l’idea che le aziende debbano ancora raggiungere la velocità che il loro contesto economico richiede ed abbiano bisogno di una strategia solida ma in grado di cambiare costantemente per salvaguardare quella che è la mission originaria. L’Italia Unita è nata nel 1861 dalle idee di un uomo conservatore in grado di cambiare continuamente per raggiungere nobili obiettivi politici, economici ma soprattutto chiari ed univoci per definizione. Così come Cavour più di 150 anni fa è riuscito a governare il futuro cambiando e trasformando se stesso e la realtà che governava così oggi le aziende hanno bisogno di adottare soluzioni e strategie diverse, talvolta in contrasto portandole a convivere sotto una unica visione dove l’equilibrio immutabile ed eterno può nascere solo dalla somma di tanti equilibri precari.


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