“Mio nonno e mio padre non avevano mai sentito parlare di “vision”, di “mission” e di “valori”, ma che valori avevano queste persone! E che missione! Che visione!”: questa è l’affermazione tipica dei discendenti di una azienda a conduzione familiare. È normale che un imprenditore abbia dei valori in cui riconoscersi, una missione da intraprendere e una visione di come, secondo lui, dovrebbe essere il mondo.
L’imprenditore trasmette i propri valori e la propria visione a chiunque sia coinvolto nella sua attività e, solitamente, questo accade senza pensarci troppo sopra. Avviene in maniera spontanea, inconsapevole, istintiva. Ed è così per la stragrande maggioranza delle aziende nate dall’intuizione del loro fondatore, capace di cogliere i giusti segnali dal mondo circostante, d’intercettare bisogni non soddisfatti e colmare queste lacune con prodotti di successo. Senza una strategia, senza una pianificazione, guidato solo dell’intuito, dall’ingegno e dalla passione. Poi le aziende di successo, solitamente, crescono. Fino a quando le dimensioni lo consentono, valori e idee vengono trasmessi in maniera informale, semplicemente lavorando gomito a gomito quotidianamente. Ma quando l’organizzazione conta decine, centinaia o migliaia di membri, questo è ancora possibile? Si riesce ancora ad infondere i giusti messaggi in ogni individuo? A recapitarli di persona e con la giusta efficacia? Oltre all’organizzazione, anche lo scenario competitivo si evolve: l’intuizione di partenza è sempre valida? O è necessario modificare qualcosa per adattarsi al nuovo contesto ed anticipare le mosse della concorrenza? Infine, il momento più critico per l’identità dell’azienda, quello del passaggio generazionale. Che sia scritta sulle pareti della reception o solo scolpita nella mente e nell’animo del suo ideatore, chi avvia un’attività imprenditoriale di successo, in grado di resistere alle turbolenze dei mercati e giungere fino al passaggio di testimone ai suoi figli, ha sicuramente una visione chiara e vincente. Ma la stessa visione e gli stessi valori valgono anche per le generazioni successive? Si sono mai posti questa domanda? Una forte identità è il fattore chiave per il successo di una attività imprenditoriale. Una identità chiara e condivisa è la base e il punto di partenza per tutte le scelte strategiche dell’azienda. Non è quindi sufficiente avere dei valori, è anche necessario che siano chiari a tutti gli attori coinvolti. Non basta avere una missione, bisogna che questa si rifletta nel posizionamento dell’azienda sul mercato. Affinché il mondo ideale diventi realtà, serve un’organizzazione ispirata, motivata e pronta a seguire la strada tracciata dall’imprenditore. L’identità aziendale si dovrà quindi riflettere su tutte le aree dell’organizzazione, fissando per ognuna di esse gli obiettivi e dando una chiave di lettura univoca per affrontare le sfide quotidiane e prendere decisioni in linea con il sistema valoriale dell’azienda. Il Metodo che proponiamo parte dalla definizione dell’identità aziendale per arrivare alla sua declinazione nelle varie aree dell’organizzazione.
IDENTITÀ AZIENDALE: è il modo in cui l’azienda vuole essere nei confronti di sé stessa e di tutti i portatori di interesse. È il punto di partenza per definire le strategie aziendali e l’organizzazione di tutte le aree. Le logiche per definire l’identità aziendale sono:
- Visione: il sogno dell’imprenditore che fornisce la direzione da seguire all’azienda. La Visione ha un orizzonte temporale di lungo termine, deve rappresentare la visione imprenditoriale e spronare tutti i membri dell’organizzazione affinché questo scenario diventi realtà. Deve essere concisa, chiara, orientata al futuro, stimolante e motivante. Nel 1980 Bill Gates la vedeva così: “Un personal computer su ogni scrivania, e ogni computer con un software Microsoft installato.”
- Missione: definisce le strategie e come opera l’azienda. La Missione fornisce una guida operativa di come l’azienda lavora, da potere applicare in qualsiasi momento per risolvere qualsiasi eventuale situazione inattesa. Dovrebbe rispondere alle seguenti domande: cosa fa l’organizzazione? Come lo fa? Perché lo fa? Microsoft: “la nostra missione è consentire a ogni persona e organizzazione di ottenere il massimo”.
- Valori: I valori sono gli ideali in cui crediamo e le fondamenta della nostra vita. Su di essi basiamo la nostra esistenza, impostiamo le priorità e prendiamo le decisioni, lasciando che riflettano nell’ambiente circostante una parte di noi. I valori stanno alla base del lavoro delle aziende, si evidenziano in comportamenti e modi di operare rilevanti che costituiscono i principi di fondo che guidano le singole scelte aziendali. I valori sui quali si fonda Microsoft, ad esempio, sono innovazione, affidabilità, diversità ed inclusione, responsabilità sociale, filantropia, ambiente.
- Pay-off: breve frase che riassume l’universo valoriale dell’azienda. Il Pay-off, termine inglese che significa “ripagare”, nel senso di ottenere un buon risultato, indica una breve frase che si associa ad un marchio, comparendo spesso sotto il logo, e che riassume la promessa che l’Azienda fa ai propri clienti e il motivo per cui il cliente dovrebbe sceglierla, preferendola alla concorrenza. Per completare il quadro di Microsoft: “offrire il massimo a chiunque”.
- Manuale: documento che sintetizza per tutte le aree aziendali le azioni collegate all’identità aziendale. La missione aziendale viene così declinata per le singole aree, definendo per ognuna di esse gli obiettivi, la strategia ed il piano d’azione. La missione specifica delle singole aree dovrà essere assolutamente coerente con la missione generale dell’azienda. Un’azienda che persegue la leadership nell’innovazione dovrà orientare i sui sforzi di ricerca e sviluppo nella direzione di prestazioni superiori e qualità ineccepibile. Tutto il personale a contatto con il pubblico dovrà avere elevate competenze tecniche e grande disponibilità. E se poi alla fine il marketing se ne viene fuori con una campagna pubblicitaria basata su “Prezzi stracciati”, allora evidentemente qualcosa è andato storto.
La coerenza tra missione aziendale e la missione delle singole aree è la base per la buona riuscita delle strategie aziendali. Per definire la propria identità, un’impresa deve rispondere a domande come “Qual è il nostro business?”, “Chi sono i nostri clienti?”, “Cosa ha valore per i nostri clienti?”, “Quale sarà il nostro business del futuro?”. Queste domande, apparentemente semplici, sono in realtà fra le più difficili a cui dare risposta. È necessario quindi:
- Formare un Identity Team: individuare le figure chiave all’interno dell’organizzazione che avranno la responsabilità di definire l’identità.
- Organizzare un Identity Break: bisogna staccarsi dalla routine e dall’operatività quotidiana. Niente telefono, niente e-mail, niente distrazioni. Ci si trova per uno o due giorni, fuori dalla sede di lavoro (in un agriturismo di campagna, in una baita di montagna, in un posto tranquillo insomma), e ci si concede il lusso di pensare e di trovare insieme risposta alle domande fondamentali per l’impresa.
- Redigere un Identity Handbook: formalizzare in un documento ufficiale i risultati del brainstorming.
- Sviluppare una Identity Campaign: video, brochure, immagine coordinata, riunioni, arredo aziendale. Gli strumenti a disposizione per divulgare l’identità sono infiniti, l’obiettivo un solo: l’identità dell’azienda deve essere scolpita nella mente di tutti.
In conclusione, l’identità aziendale nasce spontaneamente con l’idea stessa di impresa, ma questa identità informale perde di efficacia al crescere della complessità dell’azienda e del mercato in cui essa si muove. Definire, formalizzare e comunicare l’identità aziendale è quindi un passaggio vitale per garantire la prosperità futura dell’azienda. L’identità aziendale diventa il pilastro sul quale fondare tutte le strategie e il faro che guida tutte le decisioni, in ogni parte dell’azienda.
“..E probabilmente anche i padri sarebbero contenti di vedere il loro sogno, scritto in grande e ben visibile a tutti, sul muro della reception dell’azienda di famiglia“.
Scritto da Francesco Carullo