Il Design Thinking è una definizione nata negli anni 2000 dal pensiero di Tim Brown, CEO di Ideo, di un approccio e metodologia le cui radici sono in realtà rintracciabili già dagli ’60: dal Partecipative Design di matrice scandinava, passando per il concetto di Usability (Service Design) degli anni ’70, fino a quello di User Centered Design degli anni ’80, esso si propone di porsi dalla prospettiva dell’utente/cliente/fruitore di servizio o prodotto, per individuare soluzioni e progetti che meglio possano incontrare le sue esigenze e caratteristiche. In particolare il Design Thinking ha l’obiettivo di rintracciare soluzioni innovative e adatte a diversi contesti, problemi ed esigenze, in linea con tre aspetti fondamentali: aspetto umano, cioè il gradimento, la preferenza dell’utente/cliente, l’aspetto economico, quindi sostenibilità e redditività del progetto e l’aspetto tecnologico, cioè la reale fattibilità di ciò che viene concepito nella fase di creazione/ideazione.
La base su cui poggia è il processo creativo libero di dirigersi su ogni traiettoria possibile, generata da qualsiasi idea che possa contribuire al miglioramento e al cambiamento necessari. In questo senso team e individui danno vita a continui scambi di proposte e teorizzazioni il cui confronto può condurre alla soluzione finale.
Le 5 fasi del Design Thinking
Lo sviluppo del Design Thinking prevede 5 passi principali:
Empatizzare: avendo come scopo primario la soddisfazione dei bisogni dell’utente, il primo passo è cercare di comprendere come egli si senta, che cosa possa desiderare e come possa voler raggiungere i suoi obiettivi e esaudire i propri desideri. Porsi dalla sua prospettiva è fondamentale nel Design Thinking perché il fine ultimo è la progettazione di un modello che rispecchi il più possibile le caratteristiche dell’utente. Per farlo, in questa fase, si raccolgono informazioni, si conducono ricerche su comportamenti, pensieri, parole e sensazioni del proprio bacino di riferimento.
Definire: il secondo passo è dedicato all’analisi e alla lettura delle informazioni raccolte per approfondire la conoscenza dell’utente ed identificarne problemi ed esigenze. Si procede con la definizione delle difficoltà e degli ostacoli per tentare di circoscrivere il problema sul quale ideare possibili soluzioni.
Ideare: in questa terza fase, una volta individuati i problemi, si procede con il vero e proprio processo creativo, a caccia di idee che possano generare soluzioni. In questo momento ci si confronta continuamente sulle proprie intuizioni, raccogliendone il più possibile, confrontandole per identificare, alla fine, quelle più idonee.
Prototipare: a questo punto si passa a una prima realizzazione, al prototipo, delle idee selezionate per comprenderne funzionalità, criticità e caratteristiche in modo da modificare, migliorare, scartare o confermare ciò che si è approvato in precedenza.
Testare: questo passo consente di far testare agli utenti stessi le soluzioni in prototipo, così da comprendere ancora meglio il prodotto, analizzare in maniera più precisa la realizzazione e avere più elementi per stabilirne l’idoneità oppure no.
Il Design Thinking nel miglioramento dei processi
Il Design Thinking in contesto d’azienda può aiutare a correggere, modificare e migliorare diversi aspetti dell’intero sistema: dalla ridefinizione organizzativa fino ai processi produttivi. Basandosi sul diretto coinvolgimento delle persone, delle loro esigenze, delle loro caratteristiche, delle loro idee e sul continuo confronto tra team, anche di reparti differenti, esso rende possibile recuperare una visione d’insieme molto utile a garanzia di maggiore efficienza. I diversi punti di vista di persone con differenti competenze e ruoli, posto al servizio di altre persone e delle loro esigenze e ruoli, aiutano a comprendere e identificare eventuali criticità, disfunzionalità, intoppi o sprechi. Si tratta di un approccio ragionato fondato sulla diretta conoscenza delle possibili cause di un determinato problema e di un partecipato impegno a poterlo risolvere con creatività e innovazione.
I contesti applicativi possono riguardare rapporti con personale e reparti interni come rapporti con eventuali partner e fornitori, oltre che con i clienti, ovviamente: ogni ambito del sistema azienda può essere interessato al miglioramento attraverso il Design Thinking.
Per citare alcuni esempi.
- Sviluppo di nuovi prodotti e servizi: indagando sulle esigenze e/o le caratteristiche della propria clientela, un’azienda può identificare quale tipo di prodotto o servizio offrire che meglio risponda alle richieste del proprio mercato di riferimento. Può, inoltre, attraverso la prototipazione e i test, evitare molto dei rischi insiti in un processo d’innovazione.
- Ottimizzazione dell’esperienza cliente (CX): l’indagine propria del Design Thinking consente di individuare anche le criticità dell’esperienza del cliente così da poter attuare strategie di facilitazione attraverso percorsi più fluidi e intuitivi.
- Cambiamento organizzativo e gestione delle risorse umane: favorendo la partecipazione attiva dei dipendenti ne migliora senza dubbio l’esperienza e la soddisfazione, creando al contempo un ambiente più collaborativo e innovativo.
- Strategie di marketing e comunicazione: individuando esigenze e caratteristiche del cliente, si possono concepire strategie di marketing personalizzate ed efficaci, garantendosi il posizionamento del brand attraverso la centralità della propria utenza di riferimento.
- Ottimizzazione dei processi interni: l’analisi partecipata volta all’individuazione delle criticità dal punto di vista di chi le vive e le subisce, porta a una maggiore chiarezza e a interventi più efficaci per risolvere eventuali colli di bottiglia e inefficienze. Questo procedere consente l’introduzione di soluzioni tecnologiche e operative più agili.
Conclusioni
Il Design Thinking in realtà, è essenzialmente una prospettiva, una mentalità, un tipo di cultura organizzativa che conduce ad approcciare ogni problema partendo dal sentire, del cliente, del dipendente, del fornitore, del partner, di qualsiasi stakeholder.
L’interesse a porre al centro il proprio interlocutore fa sì che si sviluppino soluzioni adeguate ai possibili problemi che insorgono nel rapporto e nel contesto singolo e apre la visione su difficoltà e dinamiche che diversamente, probabilmente, non emergerebbero. Esso trasforma il modo in cui le organizzazioni affrontano i problemi creando nuove opportunità di innovazione e di risposta alle esigenze del mercato.
Scritto da Anna Minutillo
Foto di Andrea Piacquadio: https://www.pexels.com
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