L’orologio economico inizia a muoversi, le aziende ricominciano a crescere in un universo di continui cambiamenti. Questa è la base che spinge imprenditori e general manager a voler adottare Modelli industriali vincenti, evoluti ma al tempo stesso già maturi. Le aziende investono ed acquistano consulenza cercando risultati concreti in breve tempo come se il cambiamento potesse avvenire in logica binaria dove lo zero rappresenta lo stato dell’arte e l’uno il successo raggiunto. Spingendo un pulsante ci si aspetta che tutto possa cambiare cancellando dall'”immaginario del collettivo” anni in cui “si è sempre fatto così…e così siamo arrivati fino ad essere quello che siamo..“. La lancetta dei secondi deve muoversi in modo discreto..
Il cambiamento richiesto oggi non è qualcosa che compri con il manuale d’uso e manutenzione e funziona appena si eroga corrente; il cambiamento richiesto oggi è qualcosa di complesso che parte da una base culturale decisamente solida, che spesso però le aziende non possiedono all’interno delle proprie corde ma che necessariamente devono costruire a fondamenta dei risultati che si vogliono conquistare.
I Modelli come il Lean thinking, Metodo Toyota, Six Sigma, TQM, QRM partono da logiche vincenti, universalmente valide e si esprimono attraverso una moltitudine infinita di strumenti mirati ai diversi settori. Le aziende si trovano ad utilizzare volontariamente o involontariamente gli strumenti, più o meno idonei al proprio business senza però avere le fondamenta culturali, nelle proprie persone, necessarie a capire il significato del Modello e per questo si aspettano dalla consulenza un ulteriore strumento materiale ed innovativo, per così dire, in grado di superare le barriere logiche e sostituirsi al concetto di cultura. Il risultato? Una dilagante confusione tra Metodo, Cultura e Strumenti.
I Modelli industriali per poter essere applicati e portare risultati nell’economia del post crisi hanno bisogno in primo luogo di Cultura!
Partendo dalla necessità di creare la cultura, le aziende hanno bisogno di concentrare gli sforzi sul formare le proprie risorse e renderle permeabili al concetto di “cambiamento continuo” ovvero in grado di staccarsi dagli ancoraggi del passato per affrontare sfide differenti in ambienti differenti. Una volta “create le persone” diventa facile scegliere il Modello di riferimento e gli strumenti appropriati per la tipologia di business.
Credo che sia molto significativa l’immagine che spiega come viene distribuito il 100% del tempo dedicato ad un problema nel confronto tra l’approccio occidentale e quello orientale.
Apparentemente il totale fa sempre 100 e quindi potrebbe non esserci molto differenza fra una visone e l’altra.
La differenza è sostanziale in quanto l’approccio giapponese struttura di creare le basi culturali per affrontare le successive problematiche investendo sempre il 20 mentre l’approccio europeo richiede costantemente un sforzo del 80 perché sprovvisto della necessaria conoscenza iniziale.
Una base culturale solida permette/garantisce alle aziende di plasmare i leader e mettere in luce quelli che potevano essere leader all’interno della propria zona di confort ma che sicuramente non lo saranno nelle trasformazioni di oggi.
Saranno quindi questi nuovi leader a “tirare” il Modello scegliendo in modo “proprio” gli strumenti migliori per il raggiungimento dei risultati ambiti come naturale “evoluzione culturale“.
Nessun cambiamento e nessun Modello oggi è in grado autonomamente di garantire i risultati se non passando attraverso la consapevolezza da parte dell’azienda del People Development come pilastro all’interno dell’innovazione.
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