Quando si parla di strategia, di obiettivi, di comunicazione e condivisione di metodo e meta, non si può non parlare di un approccio importantissimo che, in ottica Lean, può comportare una vera e propria pulizia e razionalizzazione delle performance aziendali, attraverso un processo strutturato e fortemente coordinato.

Stiamo parlando dell’Hoshin Kanri.

Due parole giapponesi la cui traduzione ci conduce dritti al punto, che è un po’ quello che fa l’Hoshin Kanri.

“Hoshin” possiamo tradurlo come “ago della bussola” mentre “Kanri” come “gestione, controllo ragionato”. Insieme i due vocaboli riassumono il concetto del controllo della direzione. In ottica aziendale possiamo tradurre con “gestione controllata del processo verso l’obiettivo”.

La prima applicazione di Hoshin Kanri, da considerare alla stregua di un vero e proprio schema organizzativo, la si è osservata nell’azienda giapponese di pneumatici Bridgestone negli anni ’60, e ha subito mostrato caratteristiche ereditate da altri due modelli: l’MBO (Management By Objectives) e il TQM (Total Quality Management). Il primo convegno in cui tale modello venne presentato si tenne in Giappone nel 1981, mentre risale al 1988 una serie di scritti in merito da parte della Japanese Association of Standards. Fu proprio grazie ad alcune filiali di aziende giapponesi in Occidente che l’Hoshin Kanri vi arrivò e, in seguito, venne adottato da aziende locali particolarmente innovatrici.

Ciò che caratterizza tale approccio è una significativa commistione tra management strategico e management operativo con lo scopo preciso di condividere e realizzare la visione dell’azienda attraverso il coinvolgimento diretto di tutti i collaboratori. Coinvolgere vuol dire strutturare e coordinare bene il flusso di informazioni sia verticalmente che orizzontalmente: in questo modo ogni attore ad ogni livello e in ogni settore aziendale, percepirà l’importanza del suo ruolo nella strategia, determinando l’allineamento necessario a seguire all’unisono la rotta.

Dunque il primo passo da fare è quello di stabilire gli obiettivi realizzabili (top management) e supportabili da ogni comparto: una strategia articolata di azioni, tempi, responsabilità e scadenze di medio lungo periodo (da un anno a tre o massimo 5 anni). Una volta che il top management ha identificato l’obiettivo, parte il flusso di informazioni verso il basso che però origina un importante meccanismo conosciuto come “catchball” perché le idee veicolate dalle informazioni vengono rilanciate, rimpallate, tra un punto e l’altro in un percorso top-down e bottom-up in modo da indentificare insieme la strada giusta da seguire, ma soprattutto attuabile sulla base di dati e possibilità reali. Man mano che l’azienda roda questo meccanismo si arriverà a un percorso bottom-top-bottom di natura circolare in modo che il confronto non venga mai meno e che ogni livello aziendale vi partecipi sempre più: lo scambio infatti avviene da un livello all’altro fino alla base con le stesse modalità perché solo così si può ottenere il polso esatto della situazione aziendale, cioè capire fino a che punto e se in tutti i reparti gli obiettivi sono raggiungibili, con che ritmo e come.

Possiamo interpretare il catchball come la fase di allineamento dell’organizzazione alla rotta individuata, e possiamo suddividerla in due momenti diversi: il nemawashi e il sureawashi.

Il nemawashi è la parte negoziale in cui ci si confronta per comprendere e accettare le scelte di strategia dei vari livelli al fine di agire e lavorare in maniera serena.

Il sureawashi stabilisce l’oggettività dei dati che emergono dal confronto al fine di inquadrare realisticamente la situazione.

Si comprende bene come questo modo di procedere suggerisca i miglioramenti e le correzioni da apportare per poi anche in futuro meglio identificare i successivi obiettivi.

Lo schema Hoshin Kanri si potrebbe riassumere così:

–          la strategia deriva dall’obiettivo

–          la strategia del livello superiore diventa l’obiettivo del livello inferiore

–        i due punti precedenti si realizzano solo dopo reciproco consenso tra livello superiore e livello inferiore.

Il valore del feedback è centrale per l’Hoshin Kanri e, in questo senso, lo si può associare al ciclo PDCA (Plan, Do, Check e Act) perché esso si concentra non solo sul risultato, ma affronta e agisce sul processo.

Altra fase estremamente importante è il monitoraggio attraverso metriche di misurazione che servono a seguire passo dopo passo l’andamento del processo. Per visualizzare tale andamento l’Hoshin Kanri si serve della X Matrix, un vero e proprio quadro (una pagina) diviso in sezioni in cui obiettivi strategici e tattiche a essi correlate dialogano, permettendo ai team di responsabili di implementarle.

Il nome X Matrix deriva dalla “X” che vi si trova al centro del foglio e che genera i 4 quadranti chiave:

–          Obiettivi a lungo termine

–          Obiettivi annuali

–          Priorità di primo livello

–          Metriche da migliorare

Intorno a tale X si dispongono con determinati criteri gli altri dati.

X Matrix

L’Hoshin Kanri può essere applicato ad ogni realtà aziendale, ma resta fondamentale adattarlo alla singola situazione, ognuna con le sue strutture e processi.

Scritto da Anna Minutillo

Photo by AbsolutVision on Unsplash


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